di Mauro Franzin – insegnante nella scuola Steiner-Waldorf
Questo breve scritto vuol essere un compendio di una presentazione della pedagogia Steiner-Waldorf svoltasi i primi di dicembre 2016 a Trieste, presso l’associazione Arti per la salute.
Lo scopo fu quello di introdurre ad una comprensione, di stampo più teoretico, degli stadi evolutivi dell’essere umano in funzione pedagogica e didattica.
Innanzitutto ci possiamo porre la domanda: quando, nell’evoluzione dell’essere umano, compare un pensiero logico razionale, che sia caratterizzato dalla concatenazione causa-effetto?
Ad un’osservazione attenta, che lasci realmente libero l’essere umano di mostrare le proprie disposizioni, si nota chiaramente che questo avviene attorno al 12° anno di vita. Da questo momento l’insegnante può sperimentare nella classe quel tipico sguardo nei ragazzini e quell’esclamazione di gioia, caratteristici dell’aver afferrato col pensiero un processo; o meglio: di aver sperimentato l’illuminarsi della coscienza grazie all’idea afferrata dal pensiero.
Da questo momento in poi è possibile svolgere il lavoro intellettivo astratto senza che questo incida sulla salute del bambino, da un lato, e che egli possa svolgerlo in libertà dall’altro.
Sarà cura infatti dell’insegnante di porre tematiche, insegnamenti, materie in maniera tale che il ragazzino possa procedere a familiarizzare con l’evento della concezione dei pensieri nella coscienza umana; da ora sarà possibile svolgere insegnamenti di fisica, di chimica, di scienze in generale, senza “addestrare” il giovane bensì coinvolgendolo in un processo di “scoperta”.
Qual è lo stato della coscienza del bambino prima di questo evento biografico, che avviene nella prepubertà?
Dalle domande, dalle affermazioni, dai gesti dei bambini si può evincere che essi vivono e sperimentano uno stato di coscienza che potremmo definire “del mito” o “mitico”.
Questo stadio evolutivo dovrebbe essere meglio precisato e articolato prendendo in esame singolarmente tutti i primi 11 anni di vita, però, per il seguente corso di pensieri, possiamo fermarci a questo livello di approfondimento.
Osserviamo infatti come il bambino del periodo dell’asilo (fino ai 6 anni) poggi la sua sicurezza sulla figura del genitore e come lo viva alla stregua di una sorta di divinità, come si possa entusiasmare di fronte ad un evento della natura con meraviglia quasi religiosa, come aspetti le indicazioni dell’adulto su ciò che è bene e ciò che è male (egli non sa ciò che gli fa bene e ciò che lo farebbe star male). Anche nel bambino di età scolare osserviamo come apprenda le cose del mondo senza vera capacità critica: egli si affida a chi sa pensare, a chi è più grande di lui e lo conduce.
Poniamoci ora la domanda: cosa accade se io, adulto, propongo una teoria (perciò una elaborazione del pensiero che è astratta, concettuale e passibile di cambiamenti o valutazioni ulteriori e spesso duramente riduzionistica) ad una coscienza “mitica” come quella del bambino fino alle ultime classi elementari e parte delle medie?
La risposta è quasi ovvia: la teoria verrà accolta come una verità assoluta, indiscutibile, quasi una sorta di dogma. Sarà perciò inutile perfino dire al bambino: “Questa è una teoria e va presa con le pinze” . Egli non potrà infatti far altro che accogliere queste teorie con la propria coscienza mitica e non potrà confutarle o sostenerle alla luce di un’attività di pensiero che autonomamente ancora non possiede.
Immaginiamo la teoria atomica. Essa non può essere nemmeno mostrata con esperimenti: trattasi di una mera elaborazione del pensiero. Cosa accade nell’insegnamento, in genere? Si semplifica il modello meccanicistico per renderlo “digeribile” da una mente non pronta. E allora si propongono palline colorate al posto delle cariche, collegate tra loro con stecchette a sostituire i legami fisico-chimici.
Siamo sicuri che così facciamo il bene dell’adulto che verrà? Cosa accade nell’animo del bambino nell’apprendere in questo modo?
Così, in definitiva, non faremo altro che insegnargli – in modo mediato – ad obbedire ciecamente e rigidamente all’autorità nella sfera ove dovrebbe svilupparsi, più in là nel tempo, la cosiddetta libertà di pensiero autonomo.
Questi pregiudizi intellettivi si propagano nell’età adulta.
Nella scuola Steiner-Waldorf questo insegnamento, come altri della stessa natura, vengono introdotti e presentati a ragazzi in grado di sostenerne col proprio individuale intelletto, ad un’età adeguata, il senso.
Ciò di cui abbisogna il bambino è altro. La pedagogia Steiner-Waldorf vuole sostenere invece la vitalità nel bambino e dargli la possibilità di mantenere per la vita un intelletto capace di mobilità di pensiero, di anima capace di sostenere la vita, una volontà capace di incidere dentro e fuori di sé stessi. Il piano di studi della scuola Steiner-Waldorf è infatti articolato in modo da rispondere a queste direzioni di sviluppo.
Sugli effetti sulla salute dell’organismo umano, oltre che sull’anima o psiche di bambini ed adulti, ci potremo soffermare in altra trattazione.
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